martedì 22 febbraio 2011

LA SINDROME DI ALIENAZIONE PARENTALE (PAS) – Realtà clinica o argomento retorico?

LA SINDROME DI ALIENAZIONE PARENTALE (PAS)

- Realtà clinica o argomento retorico? -


A CURA DEL DR. ANDREA MAZZEO

Negli ambiti clinici e di ricerca la sindrome in questione, chiamata anche Sindrome di Alienazione Genitoriale, è poco nota; lo è molto invece in ambiti forensi (criminologia, medicina legale, psichiatria forense, psicologia giuridica).

Il clinico, psichiatra o psicologo, che si accosti a questa entità resta non poco sorpreso nel leggere ciò che ne scrivono alcuni.

Secondo Richard A. Gardner, l’autore che per primo l’ha proposta alla comunità scientifica nel 1985, la sua insorgenza sarebbe strettamente legata al “proliferare delle cause per l’affidamento dei minori”(1); già questo incipit fa storcere un po’ il naso. Riesce difficile pensare che una vicenda giudiziaria possa rappresentare un fattore eziologico per un nuovo disturbo, psichiatrico o psicologico che sia. Certo, una vicenda giudiziaria è un fattore stressante che può dar luogo ad un ventaglio di disturbi reattivi allo stress; ma, appunto, possediamo già le categorie cliniche per i disturbi da stress, e la PAS non è fra essi compresa.


Disattenzione della nosografia? Misconoscimento?

Possibile che l’OMS e l’APA abbiano entrambe sottovalutato questo disturbo, tanto da non ricomprenderlo né nell’ultimo aggiornamento dell’ICD-10 (2) né nel DSM-IV (3) e nel DSM-IV-TR? (4). Curiosità vuole che si vada anche a ricercare, nella proposta per il futuro DSM-V, cosa la task-force dell’APA stia facendo in merito; per trovare un accenno alla PAS si deve andare nell’ultima sezione, quella dei contributi da fonti esterne, in attesa di ulteriori studi che la confermino (5).

La “sindrome” in questione consisterebbe in questo: se un minore, nel corso delle vicende di una separazione conflittuale, rifiuta di incontrare, parlare, andare a trovare, uno dei due genitori è perché, sostiene Gardner, il minore è stato manipolato da un genitore (da lui chiamato alienante) contro l’altro genitore (da lui chiamato alienato). Per Gardner tra il genitore alienante ed il bambino si crea una collusione di natura psicotica, una folies à deux, sostanzialmente; precedenti terapeuti che sono intervenuti nella situazione conflittuale senza porre questa diagnosi sono anch’essi collusi con il sistema delirante condiviso, venendosi a realizzare una folies à trois. Solo, sostiene Gardner, gli “specialisti della PAS” sono in grado di riconoscere questa collusione; ovviamente gli specialisti verranno formati alle sue scuole secondo le sue idee.

Credo non sfugga a nessuno l’estrema fragilità, meglio, l’inconsistenza epistemologica di queste tesi. Dinamiche di quel tipo si osservano ma sono agevolmente spiegabili alla luce delle teorie psicologiche correnti e ben consolidate; la manipolazione del minore da parte di un genitore può verificarsi, ma va affrontata con gli strumenti di cui la psicologia dispone e che sono supportate dalle evidenze scientifiche; il rifiuto di un minore verso un genitore può avere come causa la manipolazione da parte dell’altro genitore, ma questo non può essere un automatismo esplicativo. La folies à deux esiste (Disturbo Psicotico Condiviso per il DSM) ma è molto rara e non si manifesta con il rifiuto di un genitore ma con sintomi psicotici evidenti; il rifiuto di vedere un genitore non è un sintomo psicotico e non è utile alla diagnosi di un disturbo psicotico. La folies à trois, in cui sarebbe addirittura coinvolto il terapeuta che spiega il rifiuto del minore in altro modo, praticamente non esiste perché le persone che condividono il delirio devono essere “unite da vincoli di consanguineità o di matrimonio” (3) o comunque in una relazione stretta che dura da tempo.

Poiché si tratta di una patologia rara è ben strano che tutti i pazienti osservati da Gardner soffrissero di questo disturbo; sembrerebbe che si siano concentrati negli stessi luoghi frequentati da Gardner; il bias è evidente.

Il rifiuto verso un genitore può invece originare dal fatto che questo genitore è violento in casa e quindi spaventa il minore, o che picchia l’altro genitore e quindi il minore ne è impaurito, che il genitore rifiutato sia psichicamente disturbato e terrorizzi la famiglia, che abbia addirittura abusato sessualmente del minore stesso, e così via. Compito del perito, in tali situazioni, non è quello di fornire al magistrato una risposta semplicistica ad un problema complesso, ma di approfondire le dinamiche intrafamiliari cercando anche le verità scomode. La psicologia offre un’infinità di strumenti, ampiamente validati, per indagare tali dinamiche; le tautologie non sono mai utili.

Ricercando studi recenti balza ben presto all’attenzione un lavoro del 2008, di autori spagnoli che s’intitola “La lógica del Síndrome de Alienación Parental de Gardner (SAP): Del síndrome «puro» a la «terapia de la amenaza” (6), scritto da Antonio Escudero, psichiatra a Madrid, Lola Aguilar Redo, pediatra e Direttrice di un centro per il recupero di bambini e donne vittime di violenza, e Julia de la Cruz Leiva, chirurgo. Di questo lavoro sono state trovate in internet due stesure, una pubblicata nel sito della Società Spagnola di Neuropsichiatria ed una sul sito della Liz Library (articolo n° 9). Quanto segue fa riferimento a quest’ultima versione.

Gli AA hanno svolto un’approfondita ricerca nelle principali banche dati trovando, al settembre 2007, zero lavori nelle library del BMJ, Cochrane e SciELO; 32 lavori in EMBASE, 10 in Medline, 42 in PROQUEST e 10 in PubMed. Un po’ pochino per una “malattia” già anzianotta; 94 lavori in 22 anni, meno di 4 lavori l’anno, a livello mondiale. Ovviamente non sono compresi i tanti lavori pubblicati in riviste non indicizzate dalle banche dati consultate, il cui valore scientifico è però molto scarso; spesso consistono in mere ripetizioni dei concetti di Gardner, senza nulla apportare di nuovo alla ricerca.

Gli AA concludono il loro corposo lavoro affermando che la PAS è priva di contenuto scientifico e rappresenta solo un artifizio dialettico, un argomento retorico; anche la “terapia” proposta da Gardner, e ripresa senza varianti in ambito forense, è priva di valore scientifico. Gardner afferma che la “cura” di questa “malattia” consiste in un provvedimento del Giudice che tolga l’affidamento del minore ad un genitore (quello alienante, sec. Gardner) per darlo all’altro genitore (quello alienato, sec. Gardner).


Ma che malattia è quella che si cura con un provvedimento giudiziario?

Un disturbo mentale può venire curato con i farmaci o con la psicoterapia, o entrambi, o non richiedere alcuna cura. Un decreto del Giudice può curare una malattia? Mai sentito nulla del genere.

Come affermato da Escudero e coll, la teoria della PAS cancella, con un drammatico colpo di spugna, tutte le ricerche scientifiche degli ultimi cento anni di psicologia da “Piaget a Vigotski, Spitz, Mahler, Klein, Freud (Anna), Ainsworth, Winnicott, Bowlby, Lebovici, Ajuriaguerra, Diatkine, Anzieu, Erikson” (6), e tanti altri.

Con la consegna coatta del minore al genitore da lui rifiutato e l’interruzione di ogni contatto, persino telefonico, con il genitore amato (perché in questo consiste in sostanza la terapia proposta da Gardner), vi è il grave e concreto rischio di consegnare il minore proprio al genitore violento o che lo ha abusato sessualmente. Questa è stata una costante nei paesi in cui le teorie di Gardner si sono radicate, USA, Canada, Argentina, Spagna. Proprio questo rischio ha portato le autorità politiche e scientifiche di questi paesi a prendere una posizione radicale rifiutando la PAS ed ogni concetto ad essa collegato.

Nel 2009, sempre in Spagna, è stato pubblicato un libro da due psicologhe, una argentina, Sonia Vaccaro e l’altra spagnola, Consuelo Barea Payueta, che svolge una approfondita analisi della PAS e delle drammatiche conseguenze che ha avuto la sua applicazione negli USA in Argentina ed in Spagna (7).

E qui tocchiamo un tasto al quale i “sostenitori” della PAS reagiscono in maniera poco professionale. Tali questioni concernono la biografia di Gardner e le sue opinioni, più volte espresse nei suoi lavori, sulla pedofilia. Non si può prescindere da ciò se si vuole avere un’idea precisa della PAS.

Gardner era uno psichiatra forense, libero professionista, che si occupava esclusivamente di cause di affidamento di minori nel corso di separazioni conflittuali; alla sua morte il The New York Times pubblicò il necrologio dando notizia del decesso del Prof. Richard A. Gardner, della Columbia University; alcuni giorni dopo il giornale dovette pubblicare una rettifica, precisando che il Dr Richard A. Gardner aveva dichiarato falsamente (il verbo inglese è misstated) la sua posizione alla Columbia University poiché non era Professore di Psichiatria Infantile, ma solo un volontario non retribuito (8).

Con i proventi del suo lavoro di psichiatra forense aveva messo su una propria casa editrice, la Creative Therapeutics che pubblicò tutti i suoi libri, e solo quelli.

In più lavori Gardner esprime opinioni favorevoli alla pedofilia od ai rapporti sessuali tra il padre ed il bambino o la bambina; non è il caso di riportare tali affermazioni in questa sede, visto che sono facilmente reperibili in rete.

Ad ulteriore riprova dell’inconsistenza scientifica della PAS, nel marzo del 2010 l’Associazione Spagnola di Neuropsichiatria si è pronunciata ufficialmente con un proprio documento rigettando questa “sindrome” (sbrigativamente definita un “castello in aria”) e consigliando agli iscritti di non farne uso né in contesti clinici né in contesti giudiziari (9).


Ma la situazione negli USA qual’è? Gli USA hanno già archiviato da tempo la questione PAS.

Nel 2002 una giurista, la Professoressa Carol Bruch, dell’Università Davis della California ha pubblicato un lavoro dal titolo significativo: “Parental Alienation Syndrome and Alienated Children – getting it wrong in child custody cases” (10), con il quale fa letteralmente piazza pulita della PAS e dei concetti ad essa collegati (“alienazione parentale”, “madre malevola”, ecc).

Nel 2003 la Rivista dell’Istituto di Ricerca dei Procuratori USA di Giustizia (NDAA’s American Prosecutors Research Institute) ha pubblicato un articolo di Erika Rivera Ragland e Hope Fields (entrambe Procuratori, cioè rappresentanti dello Stato nei processi) dal titolo: “Parental Alienation Syndrome: What Professionals Need to Know”. Il lavoro di Ragland e Fields si compone di due parti distinte.

Nelle conclusioni della prima parte scrivono, tra l’altro: “In short, PAS is an untested theory that, unchallenged, can have far-reaching consequences for children seeking protection and legal vindication in courts of law (11)” (In breve, la Pas è una teoria non verificata che, se non contestata, può provocare conseguenze a lungo termine per il bambino che cerca protezione e rivendicazione legale nei tribunali).

Nelle conclusioni della seconda parte scrivono: “PAS is an unproven theory that can threaten the integrity of the criminal justice system and the safety of abused children (12)”. (La PAS è una teoria non dimostrata in grado di minacciare l’integrità del sistema di giustizia penale e la sicurezza dei bambini vittime di abusi).

Adesso gli USA si trovano a dover affrontare le cause che stanno intentando contro lo Stato coloro che negli anni ’80 e ’90 sono stati diagnosticati come affetti dalla PAS; minori all’epoca ma adesso adulti e consapevoli del danno ricevuto.

Per quanto riguarda il Canada, il Dipartimento (Ministero) di Giustizia canadese consiglia di utilizzare “modelli esplicativi multidimensionali più complessi in contrasto con la nozione non empiricamente supportata di PAS” (13).

Sul fronte, diciamo, favorevole a questa diagnosi è da registrare un recente articolo di Bernet e coll. (14); il goal dell’articolo è evidente sin dal titolo: l’inserimento della PAS nel prossimo DSM-V e nell’ICD 11. Una rassegna bibliografica, quindi, dei lavori sino ad oggi pubblicati che possa convincere gli estensori del DSM a prenderla in considerazione, più che uno studio che apporti nuove conoscenze in questo campo; con questo obiettivo la PAS viene ribattezzata PAD (Parental Alienation Disorder).

Gli AA mostrano di avere le idee poco chiare sin dall’inizio dell’articolo poiché ne propongono l’inserimento (14) o nel corpo del DSM-V, o nell’Appendice B (Altre condizioni che possono essere oggetto di attenzione clinica) o in una della altre appendici del DSM-V (Criteri e Assi utilizzabili per ulteriori studi). A mio parere l’obiettivo degli AA è solo quello di ottenere comunque l’inserimento del PAD in una qualsiasi sezione del DSM, non importa quale, per poterlo poi sbandierare in tribunale come una sindrome riconosciuta dal DSM.

Nel paragrafo successivo illustrano i motivi per cui, a loro parere, l’alienazione parentale è una diagnosi; tra le venti ragioni esposte si va dall’essere un disturbo dell’attaccamento ad un disturbo relazionale; poi che è un concetto valido per via dei numerosi studi condotti in vari paesi (ma senza supportare questa affermazione con riferimenti bibliografici specifici), al fatto che i criteri diagnostici sarebbero replicabili come confermato da numerose ricerche (che però non vengono citate), ecc.

Una serie di argomentazioni retoriche più che dati scientifici, che sono ripetute sino alla fine del’articolo. Ne segue un’ampia bibliografia, elencata in ordine alfabetico e non numerata, cosa che non consente alcun riscontro tra le affermazioni fatte nel lavoro ed il corrispettivo riferimento bibliografico. Lavori, come già detto, non indicizzati dalla banche dati o che non raggiungono i criteri minimi della Cochrane per essere oggetto di metanalisi.

Chiudono il lavoro proponendo, in analogia con i DSM, il set di criteri diagnostici (da A ad F) ma senza fornire indicazioni sul numero di criteri necessari per la diagnosi e soprattutto senza affermare che in assenza di compromissione psico-sociale, clinicamente significativa, del bambino non si può fare la diagnosi del Disturbo.

Come concludere questa rassegna?

Richiamandoci alla nostra deontologia professionale; nel corso dell’attività peritale è buona norma, sempre, attenersi a conoscenze scientifiche consolidate e comprovate da letteratura inoppugnabile; avvalersi di concetti seducenti, forse, ma scientificamente inconsistenti rappresenta una brutta consuetudine che rasenta la malpractice e ci espone ad accuse di negligenza ed imperizia.

Meglio lasciar perdere i voli di fantasia e restare ben ancorati al terreno familiare dell’evidenza scientifica (DSM o ICD), fornendo al Magistrato che dovrà esprimere il suo giudizio elementi concreti e scientificamente attendibili.


BIBLIOGRAFIA

1. Gardner, R.A. (1998). The Parental Alienation Syndrome, Second Edition. Cresskill, NJ: Creative Therapeutics, Inc.

2. OMS (1995), ICD-10, Criteri diagnostici per la ricerca, Masson, Milano.

3. APA (1996), DSM-IV, Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, Masson, Milano.

4. APA (2001), DSM-IV-TR, Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali – Text revision, Masson, Milano.

5. APA (2010), DSM-V, Development. (http://www.dsm5.org/ProposedRevisions/Pages/ConditionsProposedbyOutsideSources.aspx)

6. Escudero A, Aguilar Redo L e de la Cruz Leiva J (2008), La lógica del Síndrome de Alienación Parental de Gardner (SAP): Del síndrome «puro» a la «terapia de la amenaza». Rev. Asoc. Esp. Neuropsiq. v. 28 n. 2 Madrid.

(http://scielo.isciii.es/scielo.php?pid=S0211-57352008000200004&script=sci_arttext&tlng=es)

(http://www.thelizlibrary.org/site-index/site-index-frame.html#soulhttp://www.thelizlibrary.org/liz/pas.htm)

7. Vaccaro S e Barea Payeta C (2009), El pretendido Síndrome de Alienación Parental – un instrumento que perpetúa el maltrato y la violencia, Deslcée de Brower, Bilbao.

8. Obituary of Richard Gardner (2003), The New York Times.

(http://query.nytimes.com/gst/fullpage.html?res=9F05E0DB1539F93AA35755C0A9659C8B63&scp=1&sq=ri chard%20a.%20gardner&st=cse)

9. AEN (2010), Declaración en contra del uso clínico y legal del llamado Síndrome de Alienación Parental. (http://www.aen.es/docs/Pronunciamiento_SAP.pdf)

10. Bruch C S (2002), Parental Alienation Syndrome and Alienated Children – getting it wrong in child custody cases. Child and Family Law Quarterly, Vol 14, No 4.

(http://www.thelizlibrary.org/liz/bruch.pdf)

11. Rivera Ragland E, Fields H (2003), Parental Alienation Syndrome: What Professionals Need to Know – Part 1 of 2, (http://www.ndaa.org/ncpca_update_v16_no6.html)

12. Rivera Ragland E, Fields H (2003), Parental Alienation Syndrome: What Professionals Need to Know – Part 2 of 2, (http://www.ndaa.org/ncpca_update_v16_no7.html)

13. Documento del Dipartimento di Giustizia del Canada, paragrafo 4.3.4.

(http://www.justice.gc.ca/eng/pi/fcy-fea/lib-bib/rep-rap/2006/2005_3/p4.html#a4_3)

14. Bernet W, Von Boch-Galhau W, Baker A J L, Morrison S L (2010), Parental Alienation, DSM-V, and ICD-11, Am J Family Therapy, 38:76–187.

RINGRAZIAMENTI: ringrazio amiche ed amici di Facebook per i preziosi consigli forniti durante la stesura di questo lavoro.


Articolo in originale pubblicato qui: http://www.osservatoriopsicologia.it/2011/01/29/la-sindrome-di-alienazione-genitoriale-pas/

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